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Questa, in breve, la trama di IM JULI, il road movie di Fatih Akin che Alpe Adria Cinema propone ai suoi soci il 3 giugno al Cavò_rifugio videoespositivo. Tedesco di seconda generazione, nato ad Amburgo nel 1973 e di origini turche, Fatih Akin esprime nelle sue pellicole un mondo sinuoso e delicato, poetico e al tempo stesso ironico e crudo. Racconta conflitti culturali, identità violate, vite on the road, aspri drammi quotidiani. Il suo non è solo cinema d'emigrazione, sebbene nelle sue opere il distacco tra la patria d'accoglienza e quella d'origine sia sempre un tema forte e sentito. Nelle strade brulicanti della Germania, nei vicoli bui, nei silenzi e nei rumori sconfinati, sembrano rivivere le bellezze e le contraddizioni della Turchia. Anche in questo Im Juli, del 2000, dietro l'intreccio della storia d'amore si ritrova la riflessione sulle radici, che per Akin sono sempre da riscoprire. Ormai più che affermatosi a livello internazionale, Akin ha studiato com
unicazione visiva all'Accademia di Belle Arti di Amburgo. Il primo corto Sensin - Du bist es! (1995) vince il premio del pubblico al Hamburg International Short Film Festival. L'esordio nel lungometraggio arriva nel 1997 con Kurz und schmerzlos (Short Sharp Shock), un puzzle denso e colorato sulle vite di tre immigrati (un turco, un serbo e un greco) ad Amburgo. Il film ottiene il Pardo di Bronzo al Festival di Locarno e il premio come miglior esordiente ai Bavarian Awards di Monaco. Dopo Im Juli (2000) gira Wir haben vergessen zurückzukehren (I Think About Germany: "We Forgot to Go Back" , 2001), un progetto molto intimo, documentario sul ritorno dei genitori del regista dalla Germania alla Turchia, che diventa pretesto per esplorare sentimenti comuni a tutte le persone lontane dalla propria casa, non necessariamente quella d'origine. Solino (2002) è un'altra storia di immigrazione, questa volta di una famiglia pugliese trasferitasi a Duisburg negli anni '60. Nel 2003 il regista fonda con l'amico Klaus Maek una piccola casa di produzione, la Corazón International. La società realizza i suoi film, supporta e co-produce il debutto alla regia del turco Oezer Kiziltan, Takva - A Man's Fear of God (2006), diventa partner del documentario italiano Uomini d'onore (Francesco Sbano, 2006) e di Mamorosh del serbo Moma Mrdakovic. È il preludio al successo internazionale che Akin ottiene nel 2003: La sposa turca (Gegen die wand, Head-On) vince l'Orso d'Oro al Festival di Berlino. Il film è un dramma interetnico che si muove tra la difficoltà di rimanere fedele alle tradizioni e la voglia di abbracciare il nuovo. Un film spigoloso e al tempo stesso delicato, che trova un punto d'equilibrio tra le pulsioni mélo di Fassbinder (cui Akin viene paragonato fin dai primi lavori), la stralunata comicità di Kaurismaki e Kusturica, la coralità polifonica dei perdenti di Jim Jarmusch, un riferimento mai nascosto dall'autore. Il tutto è sottolineato dagli intervalli musicali di una immobile banda che suona sulle rive del Bosforo. Ed è proprio la musica al centro del successivo Crossing the Bridge - The Sound of Istanbul (2004). Presentato con successo a Cannes e in moltissimi altri festival in giro per il mondo, il film segue il composito
re Alexander Hacke, esponente dell’avanguardia musicale tedesca negli Einstürzende Neubauten, che ripercorre il viaggio che fece in Turchia per scrivere la colonna sonora della Sposa turca. Le emozioni, i rumori, i colori di una metropoli che segna non il confine ma l’incontro fra Oriente e Occidente, e soprattutto le sue melodie, fra psichedelica, black music turca, hip hop, street music e breakbeat, fino alla musica popolare turca, alla tradizione kurda, alla danza dei dervisci. Il ritorno alla fiction è del 2007 con Ai confini del Paradiso (Auf der anderei Seite, The Edge of Heaven), miglior sceneggiatura al Festival di Cannes. Sei personaggi che si incrociano, tra Amburgo, Brema, Istanbul, Trabzon, sradicamento, confusione esistenziale, solitudine. Attualmente, Akin sta lavorando a una commedia, Soul Kitchen, e a un documentario, Garbage in the Garden of Eden, un lavoro sulle peripezie di un paesino sulle sponde del mar Nero che rischia di diventare un'enorme discarica a cielo aperto.
questo post viene pubblicato in contemporanea su Cavò, il blog-rifugio di Alpe Adria Cinema
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questo post viene pubblicato in contemporanea su Cavò, il blog-rifugio di Alpe Adria Cinema