giovedì 7 maggio 2009

Tekfestival 09 ovvero il cinema che non c'è

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Parte a Roma oggi 7 maggio, dove continuerà fino all'11, l'ottava edizione del “Tekfestival. Ai confini del mondo....dentro l'Occidente”. Si tratta di un festival, per dirla con le parole degli organizzatori, "che porta avanti un lavoro di ricerca e confronto di visioni provenienti da alcuni dei principali Festival internazionali di Cinema oltre alle proposte di autrici, autori e produzioni indipendenti che sostengono il Festival presentando spontaneamente i propri lavori. La selezione riflette le anime del festival, in cui le diverse idee di cinema si nutrono della capacità di raccontare qualcosa del reale e/o del necessario: le conflittualità e le guerre permanenti, le precarietà della vita, le migrazioni, le società post-coloniali, le memorie, il tabù dell'emozione, le risorse creative messe in campo per ovviare a traiettorie di accesso negato".
Siamo d'accordo con Roberto Silvestri, che su Alias di domenica 3 maggio parla di un'occasione per orientarsi nel "cinema che non c'è" ovvero quello che c'è, ma che non si vede da nessuna parte. Scorrendo il programma, notiamo con piacere che il Tekfestival ha in comune con il Trieste Film Festival questa passione per il cinema "nascosto". A Roma, infatti, verranno riproposti alcuni dei titoli già presentati a Trieste in gennaio, dove il "cinema invisibile" fa la sua apparizione ormai da 20 anni davanti a un fortunato pubblico cittadino e regionale. Nell'ambito della sezione "Pericolosamente ad est" ritroviamo infatti il film di chiusura del festival, The World is Big and Salvation Lurks Around the Corner, di Stephen Komandarev, una co-produzione internazionale con il famoso attore Miki Manojlovic, che ha divertito il pubblico triestino con la sua carica vitale e l'ambientazione (anche se solo in parte) triestina, ma anche Lopott ritmus (Hipi-Hopi) di Martin Szecsanov, un mockumentary sull'improbabile ascendenza ungherese nientemeno che dell'hip hop, presentato nella nuova sezione dedicata ai documentari musicali dal centro-est Europa "Muri del suono". Per la "rassegna di cinema delle donne" ritroviamo invece il film di Helke Sander, Die Allseitig reduzierte personlichkeit - Redupers (La personalità generalmente ridotta), una pellicola del 1977 che racconta la vita quotidiana di una fotografa freelance che deve gestire lavoro, casa e una bimba piccola e che si chiede quale sia il ruolo della donna nella gestione degli affari pubblici. In un'altra sezione, "1989-2009: la memoria del presente è la visione" troviamo due cortometraggi di un altro regista tedesco, Gerd Conradt, Ein-Blick e Fernsehgrusse von west nach ost, che sono stati presentati, insieme al film della Sander e alla presenza dei due autori (qualcuno ricorda Conradt ballare scatenato sul dance floor del Teatro Miela in una delle serate?) nell'ambito dell'omaggio "Tracce di Muro: per una memoria visiva e sonora del Muro di Berlino a 20 anni dalla sua caduta", prima tappa del percorso che ora sta continuando con la rassegna "Tracce di Muro. Berlino 1961-1989". (a lato Gerd Conradt, Elfi Reiter -al centro- e Helke Sander durante la serata Tracce di Muro). E poi ancora Rata nece biti, il documentario-fiume di Daniele Gaglianone sulla Bosnia, che ha vinto recentemente il David di Donatello, anch'esso documentario fuori concorso al TFF, dove Daniele è rimasto per tutta la durata della manifestazione, gradito ospite e membro della giuria del concorso documentari, dove gareggiava anche il docu di Mercedes Stalenhof Carmen Meets Borat, in programma al Tekfestival. Last but not least, Diorthosi, il bellissimo film di Thanos Anastopoulos (nella foto sotto durante l'incontro con stampa e pubblico), che vede un moderno Ulisse vagare per le strade di un'Atena contemporanea, lontana anni luce dal mito e dall'immaginario classico della città, ma vicina alle cronache che giungono dalla Grecia negli ultimi mesi. Il film "rientrava" in ben due sezioni, il concorso lungometraggi e la rassegna "Cinema greco. Film dal margine", una delle primissime (forse la prima?) rassegna in Italia ad affrontare con sistematicità e puntualità il panorama del cinema greco contemporaneo.
Cinema invisibile, certo, ma presente in alcune di quelle che Silvestri definisce giustamente "isole". Cinema che a volte riesce a uscire da questo arcipelago di festival piccoli e meno piccoli che, mossi da passione e dedizione, con fatica riescono a portarlo nelle sale, com'è il caso del bellissimo Tulpan di Sergej Dvorcevoj anch'esso in concorso al TFF, dove è passato in anteprima italiana ben prima che la stampa nazionale e la rete si accorgessero della sua esistenza.
Cinema difficile da trovare nelle isole festivaliere italiane, ma che vale la pena di cercare, vedere, amare.

questo post viene pubblicato in contemporanea su Cavò, il blog-rifugio di Alpe Adria Cinema

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