Sebes. Ci svegliamo tardi, ma non quanto avrei voluto. Per fortuna, il panorama che si vede dalla finestra della camera è molto bello. Facciamo un giro per il paese perché voglio vedere la chiesa evangelica che viene vantata dalla guida come una delle migliori chiese gotiche della Romania e anche la torre dove, nel '400 e rotti, uno studente di 16 anni si è rifugiato per difendersi dai turchi. Fatto prigioniero e portato a Istanbul, ne fuggirà diversi anni più tardi. Tornato in Germania, avrebbe poi scritto uno dei “bestseller” del '400, un testo che parlava appunto delle abitudini musulmane. La chiesa o biserica, come si dice qui, è molto bella. Purtroppo non si può visitare internamente, come anche la torre. L'idea che qualcuno voglia visitare per turismo una chiesa risulta qui ancora un po' estranea. Ho come il sospetto che il concetto non sia del tutto sbagliato. (su flickr ho però trovato un bel set fotografico che comprende anche alcune immagini dell'interno. è visibile QUI)
Qualunque comunicazione deve essere filtrata da mio suocero o dalla sua compagna perché finché si era a Budapest si poteva parlare abbastanza tranquillamente l'inglese, qui no. Grazie alle comuni radici latine e a molte parole mutuate da altre lingue europee – soprattutto dal francese – capiamo abbastanza di quello che ci viene detto, ma parlare è fuori discussione. È strano. Senza una lingua da parlare, sei come muto. Bambino o minus habens o marziano. Forte sensazione di spaesamento. Essendo in compagnia di una ragazza romena e di un italiano che si capisce abita qui da molti anni, suscitiamo curiosità, ma non più di tanto e questo è sicuramente un bene.
Prima di lasciare il paese alla volta di Sibiu, giro d'obbligo per il quartiere degli zingari (niente foto qui), che qui non vivono in roulotte, ma in case un po' pretenziose che sono chiara imitazione di qualche architettura da ricchi del passato difficile da decifrare. Dovendo dire per forza qualcosa, opterei per un liberty in acido. Alla compagna di mio suocero gli zingari non piacciono per niente, dice che sono geneticamente “inadatti al lavoro” e che i francesi hanno fatto bene a rimandarli a casa, anche se lei avrebbe preferito che rimanessero dov'erano. Perché rubano, sfruttano donne e bambini e non hanno voglia di fare niente. Aggiunge che all'epoca di Ceausescu, quando se non avevi un lavoro la polizia ti prelevava direttamente a casa per portarti in fabbrica, gli zingari facevano gli spazzini. Anche loro, come tutti gli altri cittadini romeni, temevano Ceausescu. Le zingare più ricche indossano abiti di seta molto colorati e ricamati, ne vedo alcuni per strada, sono molto belli, anche se sarebbe più corretto dire che li osservo cercando di far finta di niente perché non mi piace . Romeni e zingari camminano lungo le stesse strade, ma si vede benissimo che si sopportano a malapena e si aspettano da un momento all'altro di dover attaccar briga.
Cacova. Prima di fare rotta verso questo paesino sperduto e abbarbicato lungo le pendici di un monte, dove il suocero ha una baita, attraversiamo un villaggio di pastori ricchi che si chiama Tilişca. La pastorizia, in un paese come la Romania dove l'80% circa del formaggio che si consuma è preparato con latte di pecora, è sempre stata un'attività molto redditizia. Lo testimoniano le case dei pastori. Tradizionali, a uno o due piani, molte delle quali restaurate con poco gusto e interventi che dovrebbero testimoniare lo status economico di chi le possiede e abita, mentre sono semplicemente segno di quella malattia che è di casa ovunque e che consiste nel voler fare bella figura coi vicini. Parcheggiate sull'uscio di casa, Audi, Mercedes, un paio di Lamborghini. Ci raccontano che anche uno dei rappresentanti romeni al parlamento europeo è un pastore. Molto ricco, sembra sappia a malapena parlare. Uno in confronto al quale, se devo credere alle mie orecchie, i nostri peggiori rappresentanti fanno bella figura.
Andiamo poi a visitare un piccolo, ma bellissimo museo: quello delle icone russe su vetro di Sibiel, che si trova in un edificio vicino alla biserica ortodossa. Esempio commovente (almeno per me) di devozione popolare e frutto di grande religiosità, queste icone dipinte esclusivamente da contadini raccontano tre secoli di religiosità e di usi di un popolo. Vicino alle rappresentazioni dei santi, infatti, un tripudio di costumi, suppellettili, utensili tradizionali. Uno spettacolo paragonabile solo a quello dell'attigua settecentesca chiesetta della S. Trinità, da cui lo separa un piccolo cimitero. All'interno, “protetti” da oltre un secolo di calce e riportati alla luce dal restauro del 1965, meravigliosi affreschi degli anni '70 del '700, che ci vengono raccontati dalla stessa custode del museo, una signora gentile con un fazzoletto in testa che parla molto lentamente, tanto che riesco a capire quasi tutto quello che dice.
Per arrivare a Cacova, un chilometro di strada bianca, piena di sassi e in salita. Poche case, un pozzo, un minuscolo magazin ovvero un negozietto, bambini che giocano per strada, anziane col fazzoletto in testa e le gonne lunghe fino ai piedi, i soliti cani. Infine, la casa, tipicamente di montagna. Mattoni, legno, caminetto, veranda, alberi da frutta. Solite cose, la montagna è uguale ovunque. Sono le due del pomeriggio, ma già si tira fuori la grappa. Eccezionale liquore di amarene fatto in casa, visinata. Ci viene raccontato del vicino, un ragazzo laureato che ha scelto di fare il pastore e che lavora come un matto tutto il giorno. Un matto, mi dice la compagna di mio suocero. Chi ha studiato non deve vivere così, solo con le bestie. Un matto.
Lungo la strada per Sibiu. A proposito di strade. Le arterie più grandi sono ormai di buon livello rispetto ai racconti che sentivo fare una decina di anni fa, ben asfaltate e discretamente tenute, ma nei paesini la situazione è abbastanza diversa. In molte zone, il fango non vuole proprio lasciare spazio all'asfalto, che quando c'è è spesso steso molto male e si apre in buche anche grandi, che fanno temere di rimanere incagliati per sempre in mezzo alla strada. Spesso, capita di passare davanti a piccole officine, con l'insegna “vulcanizare”, dove si aggiustano le gomme bucate. Un'altra caratteristica molto comune, anche lungo l'equivalente delle nostre strade provinciali e statali, sono i carretti tirati da cavalli, di solito una coppia, i cani (tantissimi e allo sbando più totale) e le mucche che dal pascolo lungo le strade si spingono fino in mezzo alle macchine. Soprattutto la sera, quando tornano da sole fin sull'uscio di casa, senza bisogno che nessuno le guidi. La tolleranza verso il consumo di alcool alla guida è pari a zero, ma non sembrano in molti a preoccuparsene.
Sibiu. Che dire? Città meravigliosa, che sta tornando al suo antico splendore grazie ai restauri degli ultimi anni. La prima volta che ne ho sentito parlare è stato quando il principe Carlo di Inghilterra è venuto a visitarla e se ne è così innamorato da promuoverne la rinascita, favorita anche dal fatto che la città è stata capitale europea della cultura nel 2007. Dato che le cose da vedere sono tante e ci torneremo venerdì, mi tengo la descrizione per la quarta puntata.
Capitolo a parte anche sulla cena e su quanto stiamo mangiando qui.
Domani ci attende una lunga giornata, in giro per castelli, fra cui quello di Dracula!
prima puntata
terza puntata
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