mercoledì 23 maggio 2012

I social media e la ricerca della relazione perduta

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Qualche tempo fa, mi è capitato di leggere un articolo di Alexandra Samuel, direttrice del Social + Interactive Media Centre presso l'Università Emily Carr di Vancouver, in Canada. In quel pezzo, a mio parere molto interessante e intitolato Own It: Social Media Isn't Just Something Other People Do, Samuel si interroga sulla natura delle conversazioni online. L'autrice cita un altro pezzo di Sherry Turkle apparso sul NYT, in cui la psicologa (ma anche docente presso il Massachusetts Institute of Technology e e autrice di un saggio che si intitola Alone Together) spiega con un certo allarmismo che viviamo ormai in un “universo tecnologico in cui comunichiamo di continuo, sebbene abbiamo sacrificato le conversazioni in nome di semplici connessioni”. E ancora. “Nel silenzio delle connessioni, le persone traggono conforto dal fatto di essere in contatto con un sacco di gente, che però viene attentamente tenuta alla larga”. Da dove nascerebbe questa nuova modalità di gestione dei rapporti sociali? Dal fatto che le relazioni fra essere umani sono complesse e richiedono impegno. La tecnologia, sostiene la Turkle, ci consente di “ripulire” la relazione, rendendola meno scomoda, più gestibile. In altre parole, la parte di vita che conduciamo online ci fa allontanare come persone, facendoci dimenticare quanto è complicato ma pieno di soddisfazioni l'incontro fisico con l'Altro. Chi segue preferibilmente questa via? I giovani, ovviamente, i cosiddetti “nativi digitali”, quelli per cui l'utilizzo della tecnologia è parte integrante della vita di ogni giorno. Non dell'online o dell'offline, della vita e basta.

mercoledì 16 maggio 2012

Twitter, Storify e le nuove narrazioni: una chiacchierata con jumpinshark

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Come si fa a raccontare storie in forme nuove e con nuovi linguaggi? Tema che credo stia a cuore a quelli fra noi che trascorrono molto tempo online e si chiedono come le nuove tecnologie stiano cambiando, oltre al nostro modo di vivere, anche il nostro modo di comunicare e narrare.
Gli approfondimenti non sono mai troppi, per cui ben vengano occasioni come quella promossa da 404: file not found, "rivista online di indagine, analisi, inchiesta, una comunità di under 30 che si è formata dando continuità ad esperienze di instant journalism createsi all’interno del movimento dell’Onda del 2008, all’università di Siena".
Si tratta di “Costruire storie: nuovi linguaggi e nuove pratiche di narrazione”, un ciclo di incontri che si tiene a Siena fino all'8 giugno, presso l'Aula Magna della Facoltà di Lettere e filosofia, per riflettere insieme, dentro e fuori la rete, sui nuovi strumenti di narrazione, sul loro utilizzo e su ciò che ne può nascere.

Fra oggi e domani ci saranno il secondo e il terzo appuntamento. Oggi tocca a Vanni Santoni, Gregorio Magini ed eFFe; domani a jumpinshark e Flavio Pintarelli.
Mi interessa particolarmente quest'ultimo appuntamento, dal titolo “Nuovi linguaggi #2: twitter e lo storify”, realizzato in collaborazione con Lavoro culturale e pensato per discutere di Twitter, Storify e nuove pratiche di narrazione online.

L'iniziativa è molto interessante, per cui decido di chiedere via Twitter a @jumpinshark (presenza consolidata e misurata su Twitter, un blog interessantissimo e un lavoro pionieristico su Storify che tiene testa degnamente al miglior giornalismo tradizionale) se ha tempo e voglia di fare una chiacchierata sul tema dell'incontro. La risposta arriva subito e ci mettiamo d'accordo. Dopo diversi tentativi con Skype (dovuti ai miei limiti di connessione) riesco a raggiungerlo e quello che ne nasce è una chiacchierata molto lunga, piacevole e interessante. Cerco di restituirvene i passaggi che ho trovato più stimolanti. Come sempre, il problema sta nello scegliere cosa tagliare...

lunedì 14 maggio 2012

Donne e startup: un rapporto complicato?

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Arianna Bassoli
"Bolla o meno, si fa certo un gran parlare di startup, in Italia come nel resto del mondo. E aumentando in generale il numero di articoli sul tema, viene a galla anche un argomento correlato: la scarsa presenza di donne.
Il 2012 è iniziato con un augurio da parte di Alberto Onetti, co-fondatore della business plan competition Mind The Bridge, affinché quest’anno sboccino più “startup rosa”. Mi sono trovata citata nell’articolo tra le donne italiane che “ci stanno provando” a portare avanti una startup, e ciò mi ha fatto sentire certamente lusingata, anche se, allo stesso tempo, etichettata come parte di un fenomeno che non sono sicura abbia senso esistere." 

Inizia così un bel post pubblicato oggi su chefuturo.it da Arianna BassoliInteraction designer con un percorso di tutto rispetto (un dottorato alla London School of Economics e anni di esperienza all'estero come ricercatrice), è tornata in Italia per diventare una startupper. Visto dall'esterno il mondo delle startup (soprattutto tecnologiche) sembra quasi un universo parallelo e migliore rispetto a quello delle organizzazioni, una dimensione in cui il merito la fa da padrone, dove è ininfluente chi tu sia, da dove vieni e quindi, ovviamente, di che sesso sei. Conti per la tua idea e basta. Beh, pare che non sia proprio così:

"il tema donne e startup è uno di quelli che spacca a metà l’audience, e non necessariamente con uomini da una parte e donne dall’altra." 

venerdì 4 maggio 2012

Condivido ergo sum: Twitter, il pensiero e la conversazione

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Udine, 6 maggio, prima giornata di una manifestazione che si chiama Vicino/lontano.
Alle 21.30 è in programma il confronto “Dove va la filosofia?”, fra Pier Aldo Rovatti e Maurizio Ferraris. Dopo mezz'oretta di fila e di ritardo sul programma, entriamo. La chiesa di San Francesco è strapiena e, come mi capita sempre in occasioni simili, mi stupisco della sproporzione numerica che c'è fra chi va a sentire dei filosofi parlare e il numero degli iscritti alle facoltà di Filosofia. Forse, la spiegazione sta nella frase con cui esordisce Rovatti: vi aspettavate un duello? Resterete delusi, perché anche se sul programma c'è scritto “confronto” e nonostante il fatto che da mesi ci lanciamo frecciate più o meno cattive dalle pagine di libri e giornali, noi non ci piegheremo alla logica del contraddittorio, dell'arena, del sangue. In breve, non siamo in televisione. (Le cose non sarebbero poi andate così, ma non è di questo che voglio parlare qui).