“Ci sono volte in cui l’assenza di mio padre mi pesa sul petto come se ci stesse seduto sopra un bambino. Altre volte riesco a malapena a evocare i lineamenti precisi del suo viso e devo tirar fuori le fotografie che conservo in una vecchia busta nel cassetto del comodino. Non c’è stato giorno, dalla sua improvvisa e misteriosa scomparsa, che io non l’abbia cercato, rovistando nei posti più improbabili. Tutto e tutti, lo stesso esistere, sono diventati un’evocazione, una possibilità di somiglianza. Forse è questo che si intende con quella parola breve e ormai quasi arcaica: elegia.”
Hisham Matar
James Hillman, scomparso da poco, ha scritto che "È possibile che la nostra vita non sia determinata tanto dalla nostra infanzia quanto dal modo in cui abbiamo imparato ad immaginarla". Quello che facciamo crescendo è rimettere insieme i tasselli, ricostruire una memoria più affidabile, dare un senso alle cose e agli eventi osservandoli da un punto di vista diverso.
Spesso, nel farlo, cominciamo da quelli che sono i punti fermi della nostra vita, in altre parole i nostri genitori. Li usiamo come specchi, li scrutiamo e contestiamo l'immagine che ci rimandano, alla ricerca continua di una verità che sia solo nostra. Ma che fare quando ci vengono a mancare? A chi cominciare a chiedere chi siamo stati e quindi chi siamo?
A Nuri el-Alfi capita di perdere la mamma quando ha solo 10 anni e tutto quello che gli rimane è un padre sfuggente, di cui non capisce quasi nulla, nemmeno il lavoro che fa. Un po' come al protagonista di Radio Days di Woody Allen, che chiede di continuo al padre cosa faccia per vivere e che non ottiene mai risposta, a Nuri capita di domandarsi chi sia quest'uomo misterioso di cui ha colto solo qualche indizio che rimanda a un passato perduto, in un paese arabo dove un tempo era qualcuno. Nuri vive con lui al Cairo, insieme alla domestica che è con loro da sempre, ma di fatto è come se i due si trovassero sempre a distanze siderali: il padre occupato in chissà quali attività, il figlio impegnato a "inseguirlo" nel tentativo di capire chi sia e se lo ami davvero. Poi, all'improvviso, nella loro vita entra una donna, Mona. Nuri se ne innamora follemente, come solo un dodicenne può fare, ma è suo padre a sposarla. I due (lui? lei?) decidono di mandarlo in un collegio inglese perché l'istruzione è importante. Aleggia però sempre questo senso del pericolo in agguato, sono i primi anni '70 e lo scenario internazionale - europeo e mediorientale, soprattutto - è un po' quello descritto dal film Carlos di Olivier Assayas. Un mondo pericoloso, dove è normale che un padre ti avverta dei rischi insiti nel lasciare un piatto incustodito al ristorante o nel frequentare sempre gli stessi posti. L'Inghilterra è lontana e più sicura. E comunque c'è sempre la neutrale Svizzera per incontrarsi. È proprio durante una vacanza a Ginevra, mentre aspetta insieme all'amata e desiderata matrigna l'arrivo del padre, che Nuri apprende da un giornale dell'avvenuto rapimento del padre nella stessa città, in circostanze misteriose. Arriva così la paura, quello che in fondo Nuri si era sempre aspettato: anche il secondo specchio gli viene portato via. Ormai non c'è più speranza di riconoscersi e ritrovarsi in qualcosa.
L'unica cosa che rimane da fare è quella di crescere e aspettare di avere la possibilità di ripercorrere le orme del padre, almeno quelle note, per sperare di dare all'uomo che le ha lasciate - finalmente - un volto. E in quel volto riconoscersi, mescolarsi, sovrapponendo la propria vita alla sua. Nella speranza di scoprire chi si è davvero.
Spesso, nel farlo, cominciamo da quelli che sono i punti fermi della nostra vita, in altre parole i nostri genitori. Li usiamo come specchi, li scrutiamo e contestiamo l'immagine che ci rimandano, alla ricerca continua di una verità che sia solo nostra. Ma che fare quando ci vengono a mancare? A chi cominciare a chiedere chi siamo stati e quindi chi siamo?
A Nuri el-Alfi capita di perdere la mamma quando ha solo 10 anni e tutto quello che gli rimane è un padre sfuggente, di cui non capisce quasi nulla, nemmeno il lavoro che fa. Un po' come al protagonista di Radio Days di Woody Allen, che chiede di continuo al padre cosa faccia per vivere e che non ottiene mai risposta, a Nuri capita di domandarsi chi sia quest'uomo misterioso di cui ha colto solo qualche indizio che rimanda a un passato perduto, in un paese arabo dove un tempo era qualcuno. Nuri vive con lui al Cairo, insieme alla domestica che è con loro da sempre, ma di fatto è come se i due si trovassero sempre a distanze siderali: il padre occupato in chissà quali attività, il figlio impegnato a "inseguirlo" nel tentativo di capire chi sia e se lo ami davvero. Poi, all'improvviso, nella loro vita entra una donna, Mona. Nuri se ne innamora follemente, come solo un dodicenne può fare, ma è suo padre a sposarla. I due (lui? lei?) decidono di mandarlo in un collegio inglese perché l'istruzione è importante. Aleggia però sempre questo senso del pericolo in agguato, sono i primi anni '70 e lo scenario internazionale - europeo e mediorientale, soprattutto - è un po' quello descritto dal film Carlos di Olivier Assayas. Un mondo pericoloso, dove è normale che un padre ti avverta dei rischi insiti nel lasciare un piatto incustodito al ristorante o nel frequentare sempre gli stessi posti. L'Inghilterra è lontana e più sicura. E comunque c'è sempre la neutrale Svizzera per incontrarsi. È proprio durante una vacanza a Ginevra, mentre aspetta insieme all'amata e desiderata matrigna l'arrivo del padre, che Nuri apprende da un giornale dell'avvenuto rapimento del padre nella stessa città, in circostanze misteriose. Arriva così la paura, quello che in fondo Nuri si era sempre aspettato: anche il secondo specchio gli viene portato via. Ormai non c'è più speranza di riconoscersi e ritrovarsi in qualcosa.
L'unica cosa che rimane da fare è quella di crescere e aspettare di avere la possibilità di ripercorrere le orme del padre, almeno quelle note, per sperare di dare all'uomo che le ha lasciate - finalmente - un volto. E in quel volto riconoscersi, mescolarsi, sovrapponendo la propria vita alla sua. Nella speranza di scoprire chi si è davvero.
→ La scheda sul sito Einaudi
→ Anatomia è disponibile anche in ebook
Hisham Matar è nato nel 1970 a New York da genitori libici, mentre il padre lavorava per le Nazioni Unite. Quando aveva 3 anni, la famiglia è tornata in Libia, a Tripoli. Quando ne aveva 9 il governo di Gheddafi ha condannato suo padre come reazionario e questo ha costretto la famiglia a un nuovo spostamento, questa volta al Cairo, dove Hisham ha trascorso il resto della giovinezza. Dal 1986 vive a Londra, dove si è laureato in architettura. Nel 1991, il padre è stato rapito al Cairo e di lui si è persa ogni traccia fino al 1996, quando la famiglia ha ricevuto 2 lettere scritte di suo pugno, in cui raccontava di essere stato prelevato dalla polizia segreta egiziana, consegnato al regime libico e imprigionato nella prigione di Abu Salim, nel cuore di Tripoli.
Nel 2006 è uscito il suo primo romanzo, In the Country of Men, successo editoriale globale e in parte autobiografico. In Italia è uscito col titolo Nessuno al mondo (Einaudi editore).
→ Il profilo completo dell'autore su Wikipedia
Hisham Matar, Anatomia di una scomparsa
Titolo originale: Anatomy of a Disappearance
Traduzione di Monica Pareschi
192 pagg., € 18,50
Edizioni Einaudi 2011 (Supercoralli)
ISBN 978-88-06-18329-5
Titolo originale: Anatomy of a Disappearance
Traduzione di Monica Pareschi
192 pagg., € 18,50
Edizioni Einaudi 2011 (Supercoralli)
ISBN 978-88-06-18329-5
Bellissima recensione di questo sottile romanzo che non si scorda facilmente...
RispondiEliminagrazie Noemi, come sempre sei troppo buona :) Devo dire che sono proprio d'accordo con te, è un romanzo che mi ha catturata mentre lo leggevo e di cui fatico a liberarmi. Nei momenti più diversi mi tornano in mente immagini, gesti. Mettiamola così, non ho avuto altra scelta se non dirne qualcosa
RispondiEliminaHo fatto la rivisitazione dei cinguettii e ho visto il tuo grazie ad un mio post sulla torta di banane che avevo trovato sul web e riproposto.
RispondiEliminaMa qui l'argomento del genitore, la sua presenza, la sua inevitabile fine è argomento che sto vivendo, tentando di scacciarlo, negandolo. Ma porta una riflessione...dire cambiamento è ancora molto presto. Ma un pò di lievito lo sento e l'ho scritto. Serene e innamorate feste.
grazie Stefano per essere passato di qua e aver lasciato le tue impressioni. Ho appena finito un altro libro che ho ricevuto in regalo e che parla di genitorialità, questa volta dal punto di vista di chi accoglie un figlio. Si intitola La bambina di neve, di Eowyn Ivey, sempre Einaudi. A tratti, almeno per me, molto doloroso, ma molto bello.
RispondiEliminaBuone e serene feste anche a te :)